Apple cambierà il mondo? Non con l’iPhone 7

di Francesco Marino

“Sembri una persona ma sei solo una voce in un computer”.

Mercoledì 7 settembre, Apple ha presentato al mondo le sue novità e tutti hanno guardato il dito e non la luna. Tutti hanno guardato allo smartphone con lo sguardo di ieri. È stato il giorno dell’iPhone 7, che ha rubato la scena con le ormai consuete piccole migliorie che caratterizzano ogni nuova versione del Melafonino.

Se pensate che sia stata questa la vera novità presentata da Apple, siete sulla strada sbagliata.Il 7 settembre, Tim Cook ha presentato anche le Airpods, le cuffie bluetooth di cui già si parla tanto. C’è che dice che siano scomode, chi già immagina di perderle sull’autobus e chi, invece, si lamenta del prezzo fin troppo alto (179 euro, ndr). Costano tanto, per carità, ma il valore di una rivoluzione nel rapporto tra l’essere umano e le macchine è difficile da quantificare. Eppure è quello che sta per accadere.

Procediamo con ordine. Le Airpods sono cuffie wireless, dotate di un chip W1 in grado di processare l’audio e accoppiarsi intuitivamente al device. Permettono di ascoltare i suoni, di telefonare e di parlare con Siri, con un semplice doppio tap.

Parlare con Siri, senza toccare il telefono.

La novità che Apple sta cercando di introdurre è questa: portare a un nuovo livello il rapporto tra uomo e macchina. Superare la stagione degli scroll infiniti, del telefono toccato a intervalli di 5 minuti.

Chiedere un’informazione, ricevere una risposta. Interagire con il nostro dispositivo con la voce, eliminando la differenza più rilevante tra l’interazione uomo-uomo e quella uomo-macchina.

C’è un film uscito nel 2013 che si chiama Her, di Spike Jonze. Il tema è proprio il rapporto tra uomo e macchina e la possibilità, per un essere umano, di rapportarsi al proprio device al pari di un suo simile. Significa chiedere consiglio a un oggetto inanimato, basarsi sulle risposte ‘preimpostate’ di un’intelligenza artificiale per costruire il proprio percorso quotidiano e affrontare i disagi anche più trascurabili.

Nel film di Spike Jonze (perdonate lo spoiler) la trama evolve con l’innamoramento del protagonista per il proprio device.

Perché parliamo di un film indie del 2013?

Nella distopia immaginata dal regista statunitense, per interagire con lo smartphone, non serve nemmeno toccarlo.

Vi ricorda qualcosa?