280 is megl che 140. Twitter raddoppia i caratteri e i brand ringraziano

È fatta. Twitter ha ufficializzato l’uso dei 280 caratteri per la composizione dei tweet. Dopo un periodo di prova rivolto solo ad alcuni utenti durato poco più di un mese , la piattaforma è stata aggiornata e rilasciata.

Secondo la piattaforma di micro-blogging, una maggiore disponibilità di spazi rende molto più facile per le persone esprimere i propri pensieri in un tweet, oltre che molto più rapido scriverlo ed inviarlo.

Per arrivare a questa innovazione, che acquista i connotati di una piccola rivoluzione tecnologica necessaria per garantire la sopravvivenza dell’uccellino blu nell’universo social, la società capitanata da Jack Dorsey ha realizzato diverse analisi tra e con i suoi pubblici.

Twitter, infatti, ha fatto sapere in un comunicato ufficiale che la decisione di introdurre questo cambiamento avviene dopo attenta osservazione e ascolto dei suoi pubblici di riferimento: “abbiamo riscontrato una problematica frequente all’interno della nostra community globale: il fatto che twittare non risultasse così semplice!”.

TWITTARE PIÙ VELOCEMENTE E PIÙ SPESSO

Rispetto ai dati raccolti dalla società di Market Street sul comportamento degli utenti nel periodo di prova, le prime stime sono incoraggianti.
Dopo una fase di grande entusiasmo, nella quale gli utenti hanno scritto quasi sempre post di 280 caratteri per effetto temporaneo della novità, il fenomeno si è andato normalizzando.  Con il tempo, infatti, le persone hanno pubblicato tweet sotto i 140 caratteri la maggior parte delle volte. Quindi, gli utenti hanno usato lo spazio in più solo in caso bisogno. Così facendo, twittavano più velocemente e più spesso. I post rimanevano comunque brevi, senza troppo danneggiare l’identità di Twitter: formato breve e conversazione di flusso.

Dalle stesse analisi, scendendo ancora di più nel concreto, è risultato che,  prima dell’implementazione dei 280 caratteri, il 9% dei tweet in lingua inglese raggiungeva il limite dei 140 caratteri disponibili. Questo dato rifletteva la difficoltà di concentrare un pensiero all’interno di un tweet, elemento che spesso si traduceva in una grande quantità di tempo spesa nel modificare il testo, o in un’alta percentuale di abbandono del post prima dell’invio. Con l’espansione del limite dei caratteri, questo problema è stato ampiamente ridotto e il numero dei tweet che toccavano il muro dei 280 caratteri si è abbassato all’1%.

Di conseguenza, è probabile che gli utenti spendano anche meno tempo nel modificare i tweet prima di pubblicarli.

BRAVE or BREVE?

La paura di snaturare la componente identitaria di Twitter, che si basa appunto sulla brevità del formato e sulla digeribilità delle “pillole” di testo nella timeline, è stata comunque una preoccupazione non da poco per i creativi di Market Street.

Eravamo preoccupati che le timeline potessero riempirsi di tweet di 280 caratteri, e che le persone che avevano a disposizione questo spazio lo avrebbero sempre utilizzato per intero. Ma non è successo. Solo il 5% dei tweet inviati erano più lunghi di 140 caratteri e solo il 2% sopra i 190 caratteri. Di conseguenza, l’esperienza di lettura e browsing della timeline non cambierà sostanzialmente, perché continuerete a vedere grossomodo la stessa quantità di tweet nella timeline.

Ecco perché è lecito pensare che, nel bivio tra l’essere “coraggiosi” e l’essere “brevi”, Twitter abbia scelto di rischiare, anche a costo di disorientare una parte della sua fanbase e di attirarsi le critiche di chi pensa che l’estensione dei caratteri avrebbe snaturato l’essenza stessa del social network.

E soprattutto in un periodo delicato per la società californiana, caratterizzato da azioni in calo e dalla paralisi del numero degli utenti attivi. L’aumento dei caratteri a disposizione è allora interpretabile come un’ultima strategia per la lotta alla sopravvivenza nell’ecosistema dei social media, che tendono in maniera sempre più evidente alla personalizzazione dei contenuti da parte dell’utente e all’istantaneità dei formati effimeri nei flussi conversazionali just-in-time.