SEO Manager, il professionista del web che non conosce crisi

 Il Jobs Act rottama co.co.co e co.co.pro e i cinguettii soddisfatti di Matteo Renzi si fanno spazio su Twitter. A fare da contraltare all’ottimismo del Premier, però, ci sono i numeri del mondo reale. Parliamo dei dati freddi e allarmanti dell’Istat, che fotografano un tasso di disoccupazione pari al 12,9% a dicembre 2014.

Ma non tutti i settori risentono della crisi. Molti, anzi, stanno migliorando le proprie performance con un aumento considerevole delle opportunità di lavoro. E si registrano anche segmenti del mercato in cui – incredibile ma vero – la domanda supera l’offerta.

È il caso del settore digitale, settore in cui l’occupazione tocca punte del 30%. A dirlo è l’Osservatorio realizzato dalla divisione specializzata in Digital & New Media di Michael Page. E gli stipendi? Molti arrivano fino 100.000 euro. Tra i nuovi profili professionali, nati parallelamente allo sviluppo del web 2.0, uno tra tutti spicca per vastità della domanda e per rilevanza all’interno dell’organigramma aziendale: il SEO Manager. I numeri lo confermano: dagli oltre 350.000 professionisti nel settore del 2012 si è passati ai quasi 600.000 del 2015. E l’anno è appena iniziato.

SEO MANAGER, IL PROFESSIONISTA DEL WEB

Ma cosa fa questa figura sconosciuta ai più? Un buon Search Engine Optimization Manager si occupa della pianificazione, dell’analisi e dell’ottimizzazione di un sito internet aziendale. L’obiettivo? Ipersemplificando, si tratta di strutturare in modo ragionato i contenuti di un sito di modo tale che gli utenti possano trovarlo facilmente. Questo implica un aggiornamento continuo riguardo al funzionamento dei motori di ricerca, in particolar modo dei criteri che guidano il ranking Google.

La sfida più grande per il SEO Manager è, infatti, proprio quella con il colosso di Mountain View, il quale mantiene il monopolio sul traffico di ricerca su base mondiale. Non ci sono manuali specifici o guru profetici che assicurano il successo di un SEO Manager. Quello che serve per diventare esperti del settore è una mente open source, orecchie attente agli interessi degli utenti e la fantasia giusta per sperimentare. Chi  vorrà avvicinarsi a questa professione dovrà imparare a reperire informazioni da ogni luogo, dai blog e i forum di esperti a tutto ciò che ruota intorno al Web Marketing.

L’importante è non commettere il terribile errore di pendere dalle labbra digitali del SEO Specialist di turno. La sensibilità tecnica è qualcosa che si forma solo con lo studio e l’esperienza. E l’esperienza non si trasmette per osmosi digitale.

FARSI TROVARE, L’IMPERATIVO DELLA RETE

Ottimizzare i contenuti per i motori di ricerca è diventata una pratica usuale in quasi tutte le redazioni, che siano redazioni giornalistiche o brand newsroom. Assecondare i capricci di Google è un must. Secondo una report di Define Media Group, infatti, Google ha generato il 93% del traffico web proveniente da ricerche organiche fatte su pc e mobile web. Questo significa che fare SEO vorrà dire in maniera imprescindibile occuparsi di Google. Il trend si fermerà prima o poi? Qualcuno scardinerà il monopolio di Google? Lo scopriremo solo vivendo.

Portare gli utenti sul proprio sito significa creare contenuti SEO-oriented: farsi trovare, insomma, intercettando utenti potenzialmente interessati alla propria causa tramite specifiche keyword. E a poco serviranno i migliaia di like della pagina aziendale su Facebook, specie viste le ultime modifiche dell’algoritmo di Zuckerberg. Su Facebook, il modello del pay-per-play sembra dominare. Finiti i tempi della visibilità gratuita, sul colosso di Menlo Park sembra tirare una brutta aria per i pesci piccoli. Certo, la controargomentazione potrebbe essere che anche su Google esistono gli annunci sponsorizzati e che anche sul motore di ricerca di Big G vengono premiati i pesci grandi. Ma il PageRank segue delle regole, e rispettando quelle regole anche l’ultimo degli ultimi può arrivare a scalare la vetta. Mentre su Facebook il trend inarrestabike sembra dire: o paghi, o semplicemente non esisti.

Si tratta di scegliere su che tipo di traffico investire. In primis, perché il traffico da Facebook è spesso casuale, mentre il traffico proveniente da Google equivale ad aver soddisfatto l’intenzione di ricerca di un utente realmente interessato al proprio contenuto/sito. In secundis, c’è anche una questione quantitativa di cui tenere conto: secondo i dati del centro di ricerche statunitense Parse.ly, nonostante la crescita di Facebook come fonte di traffico per i siti di news, Google continua a dettare le regole ai marketer di tutto il mondo.

E ora avete capito perché il SEO Manager è tra le figure più ghiotte del mercato digitale?