Perché il 2014 sarà l’anno del brand journalism
Il vento sta cambiando drasticamente. E soffia in direzione del brand journalism. La Coca-Cola dichiara guerra agli uffici stampa, Yahoo ruba David Pogue e Megan Liberman al New York Times, Reuters annuncia di sfoltire del 5% il proprio personale in virtù di un riposizionamento strategico e di un ripensamento del proprio lavoro di newsmaking. Aziende di tutto il mondo ripensano ex novo le proprie strategie di comunicazione e marketing.
Marketers di tutto il mondo faticano a mantenere il passo con le esigenze dei consumatori. Consumatori che pretendono materiale di qualità, sempre. Un materiale che può essere pensato e realizzato solo da professionisti del contenuto, come i giornalisti. E aziende di ogni sorta iniziano ad accettare l’assunto secondo cui la mera vendita del proprio prodotto costituisca solo una piccola parte del rapporto che bisogna, realmente, instaurare col consumatore. Un utente, un internauta che va coltivato, fidelizzato, catturato nella propria rete attraverso contenuti personalizzati e stimolanti. Il tutto, divenendo editori di se stessi mentre i media tradizionali affrontano una crisi senza precedenti.
I consigli che Christopher Penn – di Shift Communications – si sente di lasciare alle aziende del domani, sono tre.
1. Tenere sempre a mente la netta differenza che intercorre tra marketing tradizionale e brand journalism. Perché un conto è delegare le attività di comunicazioni a terzi, un altro è comunicare se stessi verso l’esterno. In quest’ultimo caso, si tratta di essere integralmente responsabili della creazione, la fidelizzazione e il mantenimento della propria audience.
2. Prendere confidenza con gli innumerevoli tool a disposizione. Gestire una Custom Timeline su Twitter, creare un sondaggio su Facebook, organizzare la programmazione social con Hootsuite, lanciare un contest su Instagram sono, tecnicamente, a portata di tutti. Parliamo di strumenti per lo più gratuiti, di facile utilizzo e consumo. E, per di più, in continua evoluzione. Si tratta di restare aggiornati, da un alto, e di vedere passo passo dove i consumatori interagiscono maggiormente, dall’altro. Intercettandoli laddove essi si muovono, non dove il brand di turno decide di posizionarsi.
3. Assumere giornalisti professionisti – possibilmente provenienti da testate di fama internazionale – in grado di disciplinare e comprendere il processo di creazione del contenuto. Imitando, e superando, la qualità dei contenuti informativi prodotti dai media mainstream.