Investi, vendi, misura. Facebook lancia il Conversion Lift tra luci e ombre
La rivoluzione digitale sta cambiando il mondo. Tra i segmenti del mercato più sconvolti da questi cambiamenti, lo sappiamo, c’è soprattutto quella della pubblicità. Sono ormai lontani i tempi in cui non era possibile misurare il ritorno dell’investimento su una certa campagna di advertising. Pensate semplicemente a questa immagine: un marketer che, supponiamo nel 2006 – cioè a due anni dalla nascita di Facebook -, va dal suo capo e gli spiega che gli occorrono dei soldi per investire in visibilità sulla creatura di Mark Zuckerberg. Ecco, immaginate alla risposta che avrebbe ricevuto. La possiamo solo intuire: qualcosa a metà strada tra l’insulto e lo scherno. Ma il mondo cambia, il segmento camaleontico della pubblicità si adatta e si aprono scenari del tutto impensabili anche solo fino a 10 anni fa. Il nuovo tool di Facebook, Conversion Lift, rientra tra questi scenari.
CONVERSION LIFT: IL TOOL PER I FACEBOOK ADVERTISER
La notizia di un nuovo strumento per i pubblicitari arriva direttamente da Menlo Park, in particolare da Brad Smallwood – una delle menti più importanti di Facebook. Brad è il vice presidente del reparto “measurement and insights”. Insieme al suo team, ha elaborato un nuovo tool che permetterà – o meglio, ci si conceda un cauto condizionale, dovrebbe permettere – agli advertiser di tutto il mondo di studiare con maggiore precisione l’impatto che le Facebook Ads hanno avuto sulle vendite online e offline.
Lo strumento in questione si chiama Conversion Lift e nasce dall’esigenza di proporre una correlazione più verosimile tra la visibilità concessa (a pagamento) dalle Facebook Ads e l’eventuale incremento di vendite di un brand. Un portavoce di Facebook si è premurato di specificare che, tra le conversioni analizzabili, non vi è solo quella relativa alle vendite: tecnicamente tra gli obiettivi di business potrebbe rientrare anche la promozione di un’App. In linea teorica, il portavoce ha ragione. Conversion Lift potrebbe anche rispondere alla seguente domanda: le campagne di advertising finanziate su Facebook quanto hanno incentivato il download di un’App? Tuttavia possiamo affermare senza remore che, realisticamente, l’utilizzo primario del Conversion Lift sarà proprio quello relativo al (supposto) rapporto di causalità tra Facebook Ads e vendite online/offline. Ma è davvero uno strumento efficace?
FACEBOOK CHE PROMUOVE… FACEBOOK!
Brad Smallwood non è l’ultimo arrivato. Sa perfettamente – e lo ha ribadito in una recente intervista a TechCrunch – che quando Facebook rilascia prodotti nell’area pubblicitaria, gli addetti ai lavori tendono a reagire sempre con una certa dose di sospetto. Della serie: vuoi vedere che Facebook tenta in ogni modo di giustificare gli investimenti degli advertiser sulla propria piattaforma? Dopotutto, il social network blu nasce e cresce proprio con questa filosofia: dare qualcosa di gratuito, prima, per convincere a pagare, poi. Ma stavolta, dice Brad, è diverso:
Stiamo solo provando ad aiutare i pubblicitari a spendere i loro soldi in modo più intelligente su Facebook. Quello che è davvero importante per i marketers è capire esattamente cosa sta funzionando e, ancora più importante, cosa non sta funzionando nelle loro campagne di marketing.
Eppure il dubbio resta. Il Conversion Lift avrà, verosimilmente, l’effetto di aumentare la reputazione delle Facebook Ads agli occhi degli advertiser. Fin ad ora, il modello dominante su cui le aziende valutavano la riuscita di una campagna di advertising su Facebook era semplicemente il rapporto tra numero di click e conversioni. La logica proposta da Brad per giustificare il Conversion Lift, invece, è la seguente: solo perché una campagna su Facebook sembra aver generato pochi click, non vuol dire che l’incremento di visibilità non abbia portato ad un incremento delle vendite. Traducendo: se hai pagato e ti sembra di aver ricevuto troppo poco da Facebook, direttamente, è probabile che tu abbia comunque avuto un tornaconto sul lungo termine, indirettamente.
LA LOGICA DIETRO IL CONVERSION LIFT: UN ESEMPIO PRATICO
Siete un utente Facebook e vedete comparire sul vostro News Feed un post sponsorizzato legato ad un’azienda X. Rifiutate la Call To Action promossa dal post e, anzi di cliccare su “Acquista subito”, decidete di googlare il nome dell’azienda per farvi prima un’idea del brand in sé. O magari digitate nel motore di ricerca di Facebook il nome dell’azienda, vi appassionate alla sua pagina ufficiale e solo dopo procedete ad un acquisto. Risultato finale? L’incremento di visibilità finanziato dalle Facebook Ads ha comunque portato ad un incremento delle vendite, ma nelle statistiche di Facebook questo non risulta perché – come utenti Facebook – non avete mai cliccato direttamente sulla Call To Action. Da quel singolo input iniziale siete comunque arrivati all’acquisto, ma l’avete fatto per via traverse, non misurabili. Almeno fino all’arrivo del Conversion Lift.
Il ragionamento di Brad e l’esempio sopra riportati sembrano non fare una piega. Come dinamica di acquisto online e offline, pare reggere. La questione è che, in primis, lo strumento del Conversion Lift verrà offerto agli advertiser solo in cambio dei dati completi di vendite delle aziende: una fetta di dati interamente regalata a Facebook. (Che da tempo non vede l’ora di inglobare i dati derivanti dalle transazioni finanziarie nel proprio mare magnum di Big Data.) L’elemento critico più rilevante è che il Conversion Lift avrà l’effetto perverso di rastrellare meriti aggiuntivi sulle vendite online/offline delle aziende. Meriti che fino a ieri o non avevano una spiegazione o erano attribuiti ad altri fattori.
Ricapitolando:
– Entri gratis
– Sopravvivi a pagamento
– Ottieni strumenti gratuiti per ricordarti di quanto sia importante pagare
Benvenuti nel magico mondo di Facebook.