Il più grande investimento sul futuro di Facebook, nasce Messenger Kids

di Nicola Zamperini e Francesco Marino

I bambini già c’erano. Nelle foto dei genitori e dei nonni. Adesso potranno esserci come persone. La notizia – non da poco – è che Facebook ha lanciato negli USA Messenger kids, una app che permette ai bambini sotto i 13 anni di utilizzare la App Messenger per chattare e videochiamare.
Per adesso la App viene settata dal profilo di un genitore: il bambino si registra con il nome e da quel momento può utilizzarla autonomamente. Autonomia sì, ma è il genitore a selezionare e inserire i contatti attraverso una barra che compare nel suo profilo Facebook, una sorta di piattaforma di gestione.
Gli sviluppatori di Facebook inoltre hanno creato un filtro che, nelle intenzioni di Zuckerberg, dovrebbe servire a evitare che i bambini ricevano o spediscano nudità o foto oscene. Anche le gif che si possono inviare sono filtrate: Giphy ha creato una libreria apposta, filtrata per i bambini.
Facebook afferma chiaramente che le info e i gusti dei bambini non saranno usati per la pubblicità.

Fin qui la cronaca dell’ennesimo passo avanti di Facebook nella contesa verso uno spazio-tempo digitale che copra tutta la nostra esistenza, dalla culla alla bara. La morte è già normata dall’algoritmo attraverso la possibilità di designare il cosiddetto contatto-erede. Chi si prenderà cura del nostro profilo dopo che saremo morti.
Il passo avanti, indietro in termini anagrafici, che arriva con l’annuncio dell’App kids è notevole.
Il diritto di famiglia di Facebook comincia a prendere corpo. La vicenda produrrà ovviamente contraccolpi, non clamorosi ma sicuramente reazioni e critiche. Il fatto che a presentare la novità sia stato Mark Zuckerberg in persona ma Loren Cheng fa capire che per adesso il grande capo non vuole metterci la faccia. Lui, a proposito di figli, se ne sta in congedo parentale per la nascita dell’ultimogenito. Studierà le reazioni dell’opinione pubblica e degli utenti, ed eventualmente correrà a prendere contromisure, ad allentare la presa e a correggere il tiro.
I bambini sono già parte – come soggetti e protagonisti delle fotografie di amici e familiari – dello spazio del social network. Adesso diventano titolari di diritti, giovani cittadini che possono stringere relazioni.

La novità, tra l’altro, interessa Messenger, una delle frontiere di business di Facebook. Nello spazio di Messenger, le aziende stringono contatti con i clienti, attraverso addetti umani e chatbot. Non è impossibile dunque immaginare un futuro non lontano in cui i bambini parleranno con il robot di Lego cui chiedere le specifiche per il regale di Natale, senza passare per la mediazione dei genitori, che hanno approvato il contatto in precedenza.

Che l’attività di navigazione dei bambini non venga usata per raccolta pubblicitaria può anche essere un’affermazione vera. Ma ciò non toglie che l’esperienza utente di un figlio potrebbe concorrere – per esempio – a definire il profilo di un genitore. O cosa ancora più importante, l’esperienza di un bambino produrrà un identikit dello stesso bambino da adulto mostruoso. Una copia fedele della nostra biografia che parte dall’infanzia e ci segue per tutta la vita.

La rivoluzione è soprattutto culturale. E non ascoltate chi vi dice che i problemi riguardano i pericoli della rete per i bambini, la pedofilia e altre amenità. Facebook non è così sprovveduta da mettere in campo una piattaforma vulnerabile da questo punto di vista.
E anche l’utilizzo dei dati dei bambini per la pubblicità è un fatto residuale. Zuckerberg ha già insegnato e mostrato che la monetizzazione dell’esperienza degli utenti di Facebook, nel corso dalla storia recente e clamorosa del social network, avviene sempre in un secondo momento. Quando ormai il recinto è chiuso, le persone si sentono a proprio agio, comunicano, intrecciano relazioni, discutono, familiarizzano, è il caso di dire.

L’App Kids è il più grande investimento sul proprio futuro che il social network potesse mai immaginare. Adesso quell’investimento è diventato reale, ci sarà di capire quale sarà il ritorno in termini sociali, economici e cognitivi. Ma avremo tempo per parlarne e soprattuto capirlo.


Foto: George Rudy / Shutterstock.com