7 consigli (e altrettanti esempi) su come usare le emoji per i brand

Sono sempre di più i brand che decidono di utilizzare le emoji nelle loro campagne pubblicitarie. Con un po’ d’attenzione e seguendo i giusti consigli, le emoji sono un validissimo alleato per trovare modi divertenti e unici di coinvolgere la propria fanbase e farsi conoscere da nuovi potenziali clienti. Ma attenzione a non esagerare!

1) INVESTI IN CUSTOMER EXPERIENCE ATTRAVERSO LA PERSONALIZZAZIONE DEL PACKAGING

La customer experience di un prodotto passa anche dalla sua capacità di distinguersi sul mercato. Con un nuovo packaging, che sfrutta l’immediato impatto comunicativo delle emoji, Acqua Lete si fa interprete delle emozioni e degli stati d’animo del consumatore attraverso le Letemoji, faccine a a forma di gocciolina d’acqua sulle bottigliette da mezzo litro della famosa minerale. L’esperienza di acquisto si arricchisce della possibilità di scegliere la bottiglia che rappresenta meglio il proprio stato d’animo o è in grado di trasmettere un’emozione ad un amico o familiare. Calcando le orme di brand fortissimi come Coca-Cola e Pepsi, anche la personalizzazione del packaging di Lete risponde alla strategia di coinvolgere il consumatore a livello emotivo e proporsi sul mercato come un prodotto unico e vicino al consumatore.

2) CREA QUALCOSA DI FORTE IMPATTO VISIVO (ED EMOTIVO) PER LA TUA CAMPAGNA SOCIALE

Sicurezza, ambiente, profilassi, sostenibilità… ci sono temi che non perdono mai di attualità, ma trovare dei modi coinvolgenti e originali di comunicarli al grande pubblico e catturarne l’attenzione rischia di diventare sempre più difficile. Anche in questo caso, le emoji possono tornare utili. Ford, ad esempio, ha optato per una campagna di sensibilizzazione per la guida sicura con Don’t Emoji and Drive: tante emoji tutte insieme formano un mosaico di pixel che rappresenta diverse situazioni di persone che attraversano sulle strisce pedonali. Il messaggio: non mandare emoji alla guida.

Anche l’organizzazione ecologista Do The Green Thing ha utilizzato le emoji in occasione di una manifestazione in favore della salvaguardia dell’ambiente a Londra. Gli attivisti hanno creato una serie di quattro cartelloni a tema composti da soli emoji, chiamati Earthmojis, in libera condivisione e in free download sul loro sito.

3) ASSICURATI CHE LE EMOJI ABBIANO SENSO

Chiediti: sono fondamentali ai fini della comunicazione del mio brand? Completano, chiariscono o distinguono il mio messaggio?

Evita le emoji che proprio non hanno senso. Non fare come Tampico.

4) USALE PER CHIAMARE L’ATTENZIONE SENZA RINUNCIARE ALLA TUA IDENTITÀ

Pollice in su anche per Diesel! Le emoji strizzano l’occhio, in una specie di gioco di specchi, al prodotto pubblicizzato, ma senza soffocarlo. La funzione dell’elemento iconografico qui è complice del prodotto: completa il messaggio comunicativo e lo arricchisce di un nota di colore e di divertimento, ma senza far perdere il protagonismo al vero prodotto pubblicizzato: le scarpe. Il rimando cromatico, poi, è la ciliegina sulla torta.

5) REGOLA D’ORO: NON ESAGERARE!

Quello di non esagerare è un consiglio che vale sempre. In ogni ambito. Ancora di più in pubblicità, e l’attenzione dei clienti è la risorsa più scarsa ma anche quella più preziosa. L’unica cosa più noiosa di leggere un lungo testo pieno di paroloni e corsivi, è tradurre un lungo mosaico di emoji, come ha pensato bene (male!) di fare Chevrolet! Consiglio per tutti: non utilizzare più di quattro emoji alla volta, in modo da evitare uno “stress da sovraccarico interpretativo” ai potenziali acquirenti.

Spoiler Alert: qui la soluzione!

6) CONOSCI IL TUO PUBBLICO, E REGOLATI DI CONSEGUENZA

Cercare di convincere gli adolescenti a non fare uso di droghe e alcool, indipendentemente da quanto possa essere forte a quest’età la pressione sociale del gruppo dei pari, è sempre e comunque una missione encomiabile. Quando, però, il tentativo di “parlare ai giovani con il linguaggio dei giovani” richiede vere e proprie doti da enigmista e capacità di risolvere anagrammi, si rischia di cadere nella condiscendenza e nel paradosso. È proprio quello che è successo all’associazione Partnership for Drug-Free Kids con la campagna #WeGotYou. Ok che i giovani sono quelli che usano di più le emoji (ma ne siamo proprio sicuri?), ok che la campagna intercetterà soprattutto l’attenzione dei pubblici giovani (ma ne siamo proprio sicuri?), ma sarà vero che la via più efficace e diretta per sensibilizzare i giovani all’uso responsabile di droghe e bibite alcooliche passa per la decodifica di una sorta di rebus? Il rischio è di sovraccaricare lo sforzo interpretativo, con conseguente disaffezione dei pubblici di riferimento. Il rischio è anche quello di privilegiare il contenitore, e far passare in secondo piano il contenuto. Forse l’analisi dei destinatari del messaggio è stata un po’ superficiale, limitandosi alla semplice equazione giovani=emoji. Ma, ribadisco, ne siamo proprio sicuri?

Spoiler Alert: la soluzione è IT FEELS LIKE EVERYONE’S DOING IT

7) INFORMATI BENE PRIMA DI PREMERE INVIO

Ci sono così tante emoji che un po’ di confusione è più che normale. Prima di rischiare di utilizzare accidentalmente la faccina sbagliata, meglio fare una piccola ricerca su Emojipedia, la wikipedia delle faccine colorate che in un click ti restituisce dettagli importanti su tutte le emoji (e ti salva dal fare imbarazzanti figure). Quindi occhio al contesto!


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