Guerrilla marketing

Promuovere un prodotto, o un servizio, attraverso campagne non convenzionali, facendo leva sull’immaginario degli utenti. Parliamo del guerrilla marketing, una forma di promozione che utilizza strumenti inusuali per generare curiosità nel potenziale consumatore e spingerlo ad informarsi. La definizione coniata dal pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson nel 1984 nel suo libro omonimo e, da quel momento, ha avuto larga diffusione in tutto il mondo.

La guerrilla si può trovare nelle strade, sui muri, sulle panchine, sui fondi di bicchieri, in finte conversazioni, sui soldi, sulla carta igienica, perfino sul corpo umano. Questa strategia di marketing è fatta per colpire il singolo potenziale consumatore, generando spiazzamento e causando un effetto di passaparola che, a sua volta, genera una diffusione virale del messaggio. Dall’evento, passando per il contenuto virale, fino al prodotto finale. Ecco il processo, seguito perfettamente, tra gli altri, da DHL nella campagna “DHL is faster“. L’obiettivo è ovviamente far sì che se ne parli. E in mancanza di fondi di partenza adeguati, o di una campagna televisiva ad hoc – che sarà virale a prescindere per la capillarità con cui è diffuso questo medium nella società sarà virale a prescindere -, il fine implicito sarà creare un passaparola virtuale che veicoli quel determinato contenuto (quasi) a costo zero.

Un esempio può chiarire con facilità un concetto apparentemente complesso. Uno dei primi esempi di guerrilla marketing è stata la leggenda metropolitana messa in rete, e da lì diffusasi rapidamente sugli altri media, in cui si parlava di tre registi scomparsi in una foresta del Maryland nel 1994, di cui sarebbero state ritrovate le riprese a distanza di anni. Un sito web trattava del caso e ha fatto da rampa di lancio, dopo poco, per l’uscita nei cinema del film The Blair Witch Project.

Ovviamente non tutti i brand, i prodotti e i contenuti sono geneticamente predisposti al guerrilla marketing. Istituzioni e comunicazioni ingessate male si approccerebbero ad una strategia simile: semplicemente non sarebbero credibili né sconvolgenti. Per far sì che questa strategia appaia quantomeno sensata, c’è bisogno di un vero elemento di rottura o che comunque trasudi talmente tanta creatività da meritare di essere apprezzato a prescindere dalla (usuale) piattezza del brand che lo promuove. Insomma, rompere gli schemi per catturare l’attenzione. Questa è l’essenza del guerrilla marketing.