Google Photos, archiviare foto on line gratis e senza limiti (o quasi)

Come funziona la nuova applicazione per archiviare, modificare e condividere le tue foto. I rischi per la privacy e Facebook Moments, il diretto concorrente che non resta indietro.

Abbiamo centinaia di foto sparse un po’ ovunque: smartphone, vecchi e nuovi, tablet, computer di casa e lavoro, chiavette usb finite chissà dove. Ricordare su quale dispositivo ci sono le foto dell’ultima vacanza è un lavoro di memoria e di ricerca di non poco conto. Questo “Big G” lo sa e ci fornisce la soluzione con Google Photos.
Si tratta di un servizio per archiviare le foto online in modo gratuito, automatico, se vogliamo che lo sia, e potenzialmente illimitato, ma solo se decidiamo di rinunciare in parte alla qualità delle foto, operazione anche questa effettuata automaticamente dall’applicazione con un rescaling della risoluzione delle immagini a 16 megapixel.

Esiste poi la possibilità di ritoccare, ruotare e ritagliare le immagini con pochi gesti; strumenti di base, non certo da professionisti, ma sicuramente semplici e intuitivi. Google Photos regala gratis anche la possibilità di essere creativi e di creare filmati con foto e video, sonorizzati automaticamente, collage di fotografie e “storie”, delle selezioni di elementi foto e video personalizzabili e facilmente condivisibili con gli amici.
In breve, la comodità maggiore per l’utente è la possibilità di accedere da qualunque dispositivo e in qualsiasi momento a tutte le sue foto ed in maniera molto semplice trasformare quelle immagini in qualcosa di più.

Facebook non poteva restare indietro e presenta Moments
Due settimane dopo il lancio di Google Photos, arriva Moments l’ultima app stand-alone, ovvero autonoma, di casa Zuckerberg. Lo scenario pratico che apre Moments è questo: siamo a cena con degli amici e insieme al flash del telefono, scatta la richiesta: “inviami la foto!”. Le strade di invio fino ad oggi?  Whatsapp, un tag su Facebook, nel caso di più foto Google Drive. Da oggi dimentichiamoci questo passaggio, perché Moments consente di sincronizzare in tempo reale la foto in questione, se gli amici hanno scaricato l’app. Se qualcuno cerca di resistere all’innovazione, Moments scandaglia il nostro telefono e invia tramite Messenger (l’applicazione per chattare su Facebook, per chi fosse rimasto indietro), un messaggio che ti ricorda che puoi scaricare l’applicazione perché qualcuno ha scattato una foto dove ci sei anche tu.
Google Photos e Moments, quindi, condividono una stessa passione: le nostre fotografie, per i più romantici, i nostri ricordi. Le differenze? Il primo si vende come un backup on line gratuito, il secondo più come un servizio social per condividere con i nostri amici i momenti vissuti insieme. In comune hanno una cosa: ci fanno dire addio alla privacy.

Gratis et amore deorum. Google e Facebook e la privacy che non c’è più
Se, come recita lo slogan di Google Photos, vogliamo “spazio illimitato e gratuito” a qualcosa dovremo pur rinunciare no? La nostra rinuncia è la privacy.
Una delle funzioni principale di Photos è, infatti, il riconoscimento automatico degli oggetti sugli scatti e il raggruppamento in gallerie tematiche. Il rovescio della medaglia? Utilizzare questo sistema per conoscere ancora meglio le nostre abitudini di consumo.
Il sistema di riconoscimento facciale, presente anche su Moments, da questo punto di vista è pure peggio. Comodo per chi lo usa, meno per chi lo subisce (in pratica, tutti). Chi ha buona memoria ricorderà che nel 2011 Facebook lanciò il primo sistema di riconoscimento facciale. All’epoca, Google aveva già sviluppato una tecnologia simile, ma si era fermato nello sviluppo per paura di invadere troppo la privacy dell’utente.
Cosa è cambiato da allora? Perché adesso la nostra privacy può essere sacrificabile?


Foto: teerayuth oanwong / Shutterstock.com