Test per content creator: le 10 risposte che bisogna conoscere

Ecco le risposte al test della scorsa settimana. [Qui per le domande!]

1) Vero. Lo studio migliore si ottiene scavando ed esplorando i luoghi dove l’audience socializza ed effettua ricerche. Le keyword di ricerca non fanno altro che mettere in mostra il linguaggio proprio di quest’audience.

2) Contenuto, Ricerca, Social.

3) Domanda a trabocchetto. Non esiste un momento ottimale di invio perché non si potrà mai sapere quando un utente siederà al computer. Inoltre, a differenza di un tweet (che se viene inviato nella TimeLine dei followers al momento sbagliato, viene poi sommerso da tutti gli altri messaggi in 140 caratteri), un’email resta nella casella postale del destinatario che, con tutta calma, potrà leggerla successivamente: è il ricevente a dettare i tempi, non l’emittente.

4) Migliora il ranking dei motori di ricerca per frasi chiave. Aumenta i contatti e le vendite.

5) Il copywriting ha a che fare con l’online marketing duro e puro, in cui l’arte della parola (scritta o parlata) è messa al servizio di chi deve esortare le persone a compiere qualche forma di azione. Il content marketing si basa sulla creazione – e sulla condivisione –  di contenuti gratuiti che possano attrarre e tradurre visualizzazioni in clientela. E clienti saltuari in acquirenti stabili e fidelizzati. I contenuti proposti devono, ovviamente, avere un’attinenza al prodotto che si sta cercando di vendere: si tratta di “educare” il cliente del domani, di abituarlo ad apprezzare tali contenuti per far sì che si possano interessare, anche, al business più grande che dietro di essi si cela.

6) Si tratta dell’errore più comune per tutti coloro che operano business in Rete. Fare affari su una piattaforma controllata da terzi, come Facebook, è sempre rischioso. Questo non vuol dire che non si debba usare Facebook, anzi. L’importante è che il cuore del business risieda altrove, in uno spazio autogestito, come il proprio sito.

7) Falso. Un “cornerstone content” è l‘elemento essenziale e indispensabile su cui è costruito o sviluppato qualcosa. Trattasi di ciò di cui la gente ha bisogno per capire come muoversi su di un sito o intuire, rapidamente, quale sia il business fondamentale. Se, a questi contenuti, vi si approccia in modo strategico e si usano le giuste parole chiave, si possono ottenere ranking particolarmente favorevoli nei motori di ricerca.

8) Una landing page deve avere un obiettivo e uno soltanto. Se non ne ha nessuno, diviene una branding page autoreferenziale. Se ne ha più di uno, crea confusione e rabbia nell’utente.

9) Call To Action. Implica un’azione, da parte del content creator, che presuppone una risposta: un commento a un post, una condivisione sui social network, una sottoscrizione.

10) La ricerca. Il santo Graal per le aziende resta una buona ottimizzazione sui motori di ricerca, perché è qui che l’interesse degli internauti viene catturato direttamente a partire dalle loro reali intenzioni. E, già prima di Internet, gli esperti di marketing hanno intuito quanto la prospettiva di fruizione e le aspettative delle persone siano fondamentali nelle loro decisioni future. Chi sta su Google sarà ben entusiasta di aver trovato una soluzione alla sua ricerca se il sito interessato fornisce le informazioni giuste; chi sta facendo altro sui social network avrà tutta un’altra predisposizione mentale al sito in cui, di fatto, potrebbe essere “inciampiato” per caso. In sintesi, chi sta cercando un bene o servizio sarà ben più predisposto all’acquisto rispetto a chi sta socializzando online con amici e conoscenti.

E voi, quanto avete totalizzato? 10 su 10, si spera.

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