“In The News”. Il nuovo algoritmo di Google che integra qualità e timing

Sei su Google e digiti una chiave di ricerca, supponiamo “ottimizzazione sito”. Quel che ti aspetti di trovare nella prima pagina di risultati restituita da Big G sono una serie di SERP che attingono al web o a Google News. O meglio, questo è valso fino a due mesi fa, perché Google ha introdotto un nuovo parametro di ricerca che si chiama “Nelle Notizie” (In The News per gli anglofoni).

In cosa si differenzia questo algoritmo? Anzi di scavare tra i contenuti presenti in rete da sempre che hanno avuto il merito di posizionarsi nelle prime pagine (web) o tra i contenuti giornalistici più recenti e rilevanti (Google News), “Nelle Notizie” seleziona contenuti a metà strada. Difatti, vengono riportati in evidenza contenuti che non attingono a fonti giornalistiche ufficiali, pur mantenendo come criterio principale di selezione il timing della pubblicazione.

Restando sull’esempio sopra riportato, potrebbe dunque darsi che nella prima pagina dei risultati di ricerca vi ritroviate il contenuto prodotto da un semplice blog che si occupa di SEO – e non da una testata giornalisticamente registrata al tribunale di competenza. Ed è probabile che il contenuto sparisca presto da questa prima pagina, una volta terminato lo sprint di visibilità iniziale.

 

UN PO’ DI SCENARIO: QUALI IMPLICAZIONI PER EDITORI E SEO

Sebbene il cambiamento possa sembrare poco rilevante, in realtà la nuova opzione di Google potrebbe avere alcuni effetti collaterali: in primis, quello di depotenziare il ruolo degli editori che si sono ufficialmente registrati su Google News. Si tratta ovviamente di mera speculazione, ma le polemiche che hanno di recente coinvolto gli editori spagnoli non hanno fatto che peggiorare l’evidente frattura che vige tra il mondo del giornalismo e Mountain View.

Perché gli editori tradizionali ne escono depotenziati? Perché gran parte del traffico generato dalle notizie presenti su Google News, in realtà, viene comunque dal motore di ricerca tradizionale. Come potete vedere nell’immagine sottostante, gli utenti accedono mediamente alle notizie di Google News dal box apposito che Big G offre all’interno della tradizionale ricerca web: solo pochi internauti più alfabetizzati e curiosi leggono Google News direttamente dalla sezione Notizie.

 

Questo vuol dire che, a prescindere dagli standard giornalistici che una testata deve dimostrare di possedere per accedere al pantheon di Google News, parte del traffico potrebbe essere dirottato su blog e siti “minori”, a tutto discapito di chi già lamenta miseria come gli editori tradizionali. Anche se lo scopo dichiarato di Google è quello di valorizzare contenuti recenti di qualità, la realtà è che a pagare il relativo scotto di visibilità sono anche le stesse testate autorevoli che, attraverso Google News, speravano di viaggiare su una corsia preferenziale rispetto agli infiniti concorrenti presenti sul web.

Ma non finisce qui. Immaginate di essere un SEO professionista. Il vostro lavoro consiste (anche ma non solo) nel combattere strenuamente per posizionare determinati contenuti nella prima pagina dei risultati di ricerca restituita da Google in relazione a specifiche query. Ora, immaginate di avercela fatta: avete raggiunto, supponiamo, la nona posizione per una parola chiave sulla quale avete prodotto un’infinità di contenuti SEO-oriented. “Hip Hip Hurra”, starete pensando. Ma mentre vi crogiolate per l’ottimo lavoro svolto, improvvisamente spunta fuori “In The News”, che per premiare contenuti recenti (che magari sono molto più scarsi del vostro a livello di ottimizzazione) finisce per rubare 1-2-3 SERP della prima pagina. E fa scalare il vostro contenuto in seconda, eclissandovi per la stragrande maggioranza degli utenti.

QUALI PROSPETTIVE PER IL FUTURO

Concludendo, Google sta cercando di integrare nel suo nuovo algoritmo fattori evidentemente relativi alla qualità e al timing. La questione è che, fino a due mesi fa, si riteneva che i due fattori appartenessero preminentemente a due mondi distinti e separati: la qualità per il web (dove vince chi ottimizza meglio i contenuti), il timing per Google News (dove vince, chi tra le fonti ufficiali, pubblica per primo).

L’integrazione colpisce ai fianchi sia gli editori che i SEO. Ma dopotutto, in casa di Mountain View, decide Big G, quindi non resta che adeguarsi all’ennesimo cambio di direzione e fare in modo di sfruttare le nuove potenzialità dell’algoritmo. Senza farsene fagocitare.