Da newsroom a newscenter: il “robot journalism” di Narrative Science

Sempre più lavori vengono automatizzati. Questo è un assunto convenzionalmente accettato in tutti quei segmenti del mercato del lavoro in cui la macchina può lavorare meglio dell’uomo. Ragionevolmente, laddove la forza fisica può essere sostituita da una macchina che non riposa, non pretende stipendi e compie le stesse azioni umane, ma più velocemente. Narrative Science sta ribaltando non tanto l’assunto quanto il suo contesto di riferimento: anche le professionalità abitualmente legate all’ingegno e alla creatività umana, forse, potranno essere gradualmente sostituite dalla macchina. Più nello specifico, dall’algoritmo.

Narrative Science è un’azienda specializzata in tecnologie di intelligenza artificiale che, grazie ad uno specifico software, Quill, riesce non solo ad elaborare i dati (come qualunque EdgeRank di Facebook, PageRank di Google o altro algoritmo col quale siete soliti rapportarvi) ma anche ad analizzarli, integrandoli in un contenuto unico talmente sensato da farlo passare per un prodotto umano. Si parla giustamente di robot journalism o computer-generated reporting, in relazione a quei contenuti editoriali pubblicati da Forbes, Business Insider o Huffington Post che, in realtà, sono stati prodotti dalla macchina.

Non sarà in questa sede che si discuteranno delle implicazioni culturali di un’evoluzione di questo tipo, cercando di capire quanto la tecnologia stia aiutando o compromettendo la qualità del giornalismo tradizionale, inteso come capacità tipicamente umana di narrare gli eventi del presente. Il dato di fatto di cui tenere conto è che nuovi orizzonti si profilano nell’ambito della stesura degli articoli e, che piaccia o meno, in un universo digitale in cui sempre più informazioni vengono versate nel calice di Internet, è l’algoritmo più potente e sofisticato ad offrire le degustazioni migliori agli utenti e alle aziende assetate di news management. Il cambiamento epocale sta nel passaggio dal data mining alla content creation.  I report narrativi sono facili da comprendere, frutto di una ricerca particolarmente estesa – nel cui dettaglio si trova, ovviamente, l’arma vincente alla base dell’algoritmo segreto – e possono essere forniti agli utenti e alle aziende con periodicità variabile (tutti i giorni, tutti i mesi, etc). Senza contare il risparmio di tempo che questo tipo di strumento può abilitare nei confronti nell’analisi dei dati: agli stessi addetti ai lavori, talvolta, Twitter appare come un groviglio incomprensibile di micro-informazioni difficilmente sintetizzabili o, quantomeno, sintetizzabili dopo un certo dispendio di energie. Al di là della creazione di contenuti, un algoritmo in grado di carpire ed aggregare i dati in modo rapido e umanamente comprensibile, rende Twitter – e tutte le altre piattaforme dove le notizie si susseguono incessantemente – il perfetto alleato, anziché il nemico tanto temuto. In questo modo le redazioni non hanno solo contenuti pronti, ma soprattutto un quadro d’insieme dei temi più caldi in agenda.

Il passaggio da una newsroom ad un newscenter non dev’essere necessariamente burrascoso e apocalittico. Nell’ottica dell’aggiornamento quotidiano di una piattaforma informativa – per esempio, immaginiamo di un magazine in tema ambientale – gli strumenti forniti da Narrative Science possono fornire una base minima di contenuti – per esempio, articoli brevi e meramente descrittivi – che poi possono essere integrati con contenuti più approfonditi frutto del lavoro di e-journalist affermati. In questo modo si sfrutta il pieno potenziale della tecnologia senza perdere le specificità tipiche dell’intelletto umano, in un mix esplosivo di algoritmi e creatività che non può che giovare alla redazione nel suo complesso. Lo stile robotico dei contenuti automatici rispecchia perfettamente quel dogma anglosassone delle news scollegate dalle features, cioè dai fatti scollegati dalle opinioni. E in quest’ottica, materiali freddi e neutrali perfettamente si combinano con il reporting automatizzato di cui l’algoritmo Quill è il degno portabandiera. Per recuperare la componente dell’approfondimento intellettuale si passerà al talento letterario e ai fronzoli linguistici dei veri e-journalist, quelli in carne ed ossa, del cui ingegno difficilmente si troverà un surrogato (anche se non si può mai dire!).

Riassumendo, ogni innovazione viene abitualmente accompagnata da una certa dose di scetticismo e dalla sua controparte, un cieco entusiasmo. Starà alle redazioni del futuro – che siano esse brand newsroom o redazioni giornalistiche – a non farsi schiacciare da queste due visioni estreme, valutando come (e se) sfruttare questo tipo di software per fini editoriali. Affinché la macchina si affianchi all’uomo, senza scavalcarlo.