Come si è evoluto il brand journalism di Red Bull

Levante e la musica indie, la Formula 1, il calcio. Sono solo alcuni dei temi che si possono trovare nella homepage del sito italiano di Red Bull, l’energy drink più famoso al mondo. La casa americana è stata tra le prime al mondo a utilizzare i contenuti – e quindi il brand journalism – per raccontare l’universo di riferimento del suo marchio.

Ma come sono cambiate le cose negli anni?

L’EVOLUZIONE DEL BRAND JOURNALISM

Tutto comincia con un’intuizione: un universo di riferimento basato sulla vita vissuta all’estremo merita un racconto particolare. Da qui l’interesse per gli sport, che porta Red Bull a produrre – da un punto di vista televisivo – le immagini degli eventi organizzati, rese poi disponibili per giornalisti e pubblico nella Red Bull Content Pool.

Ma fornire materiale ai giornalisti non basta. E Red Bull decide allora di produrre e stampare – in America è ancora disponibile – un mensile maschile di lifestyle, The Red Bulletin, acquistabile nelle edicole. Una scelta particolare che sottolinea l’attenzione per la produzione di contenuti.

Dopo il magazine, anche il sito si adatta alla tendenza, per diventare un vero e proprio magazine di lifestyle. I contenuti vanno dalla musica alla cultura pop, fino agli sport, estremi e non. Il video è il formato preferito – l’approccio è sempre molto visuale – ma esistono anche pezzi scritti. Tutto è adattato sulla base della nazione: non cambia solo la lingua ma, naturalmente, anche i temi trattati.

LA RED BULL MEDIA HOUSE

Cosa vogliano dire per Red Bull i contenuti è perfettamente testimoniato dalla Red Bull Media House, la casa di tutti i contenuti prodotti dall’azienda. Basta fare un giro per rendersi conto quanti siano i modi per raccontare un brand e la sua ‘metafisica’.

Ci sono i documentari, le foto, i video brevi, i magazine. Provate a farvi un giro: scoprirete che i formati ci sono, basta solo sapere cosa raccontare.


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